Il monte Rozza da Bocca di Teve

Il pulpito da cui si gode la vista più bella, indimenticabile, quasi impressionante data la sua vastità, della val di Teve.
Dalla Bocca di Teve, pochi metri dopo, integralmente sullo spigolo di cresta Sud-Ovest, prima tra una fitta boscaglia e poi sul filo della dorsale, affacci davvero unici sulla val di Teve prima della vetta; raggiunta Capanna Sevice la discesa dentro la valle da Capo di Teve, sentiero 3L, rientro (un pò noioso), per la val di Teve fino a Cartore.


Mi sono divertito, ed ho anche penato sudore e fatica il più delle volte, a salire le montagne del Velino dal versante Sud; il Morrone e il Murolungo da Cartore, il Sevice, il Rozza ed il Velino da S.Maria in valle Porclaneta, da Massa d’Albe il Cafornia e ultimamente ancora il Velino per la direttissima … è proprio durante la salita allo Iaccio dei Montoni e al Murolungo da Cartore, salendo per le coste del Vignale e dall’affaccio imponente sulla val di Teve che ho visto la linea di salita diretta al monte Rozza, sullo spigolo che aggetta sulla val di Teve stessa, lo spigolo Sud. Non conoscevo l’esistenza di un sentiero che percorresse interamente lo spigolo, dalla bocca della val di Teve alla vetta, ma le linee, anche se ripide c’erano, erano belle e si leggevano chiaramente da quella balconata sulla valle. Diventato ovviamente un chiodo fisso, pochi giorni dopo l’escursione ho preso la carta e ho scovato, tra le fitte pieghe della roccia e quindi poco leggibile, una traccia secondaria, quelle che vengono riportate tratteggiate, che partiva dal sentiero dei Briganti, nelle vicinanze della bocca di Teve, ripida, ripidissima e poco leggibile in basso ma molto chiara in alto quando ormai andava a scorrere in cresta. Si poteva fare, dovevo provarci, scovare, se esisteva ancora, quella vecchia traccia, e se non esisteva provarci lo stesso a superare la boscaglia fino a raggiungere la cresta più su. Siamo sul Velino, Marina non dice mai di no a queste montagne, quindi … Cartore, 8 del mattino di una giornata chiara ma lattiginosa causa la foschia ed il sole ancora basso, in 30 min. siamo all’imbocco della val di Teve; percorriamo per un breve tratto il sentiero che qui coincide col cammino dei Briganti, il lungo anello di circa 100 km tra le terre del Cicolano e del Velino che ricorda l’antico percorso di confine tra il Regno delle due Sicilie e lo Stato Pontificio e che si narra i briganti usassero per spostarsi per osteggiare le autorità che imponevano tasse ed ingiustizia. Superata Bocca di Teve cerchiamo senza successo un imbocco tra la boscaglia che potesse somigliare anche minimamente ad una traccia, niente di questo se non effimeri slarghi che si perdevano dopo pochi metri, probabilmente è stata inghiottita dalla vegetazione o non siamo stati bravi ad imboccarla ma non ci siamo affatto arresi; presa quella che ci ha permesso di inoltrarci e salire un po’ di più il versante, abbiamo continuato ad istinto e su sparute tracce, forse dovute al passaggio di animali. Marina davanti a battere la salita, seguivamo più o meno la direzione della traccia che leggevamo sulla carta; dove non si passava si cambiava direzione o si saliva verticali fino a trovare nuovi possibili traversi. Sfioriamo più volte la sponda della val di Teve e più volte ritorniamo dentro il bosco fin tanto che superati i primi duecento metri la vegetazione si fa meno intricata, più alta e quindi più facile da attraversare. Per alcuni tratti sembra quasi che ci siano esili sentieri ma è quasi sempre una illusione, la cosa non preoccupa affatto Marina che quando si trova dalle parti del Velino diventa un cane da segugio; è stupendo osservarla nella sua energia e foga per venirne fuori, impressiona la costanza con cui sale, la lascio fare, la seguo e dopo appena un’ora siamo a intorno quota 1300m. dove tra i primi slarghi di vegetazione si aprono affacci sulla piana di Cartore e sui bastioni bassi delle coste dello Iaccio dei Montoni. Altri brevi traversi ed alcuni balzi rocciosi, qualche momento di indecisione nel trovare la linea di salita e in questi casi saliamo il più verticali possibile per cercare nuovi confini, intorno a quota 1550m. usciamo finalmente dalla vegetazione, sul filo dello spigolo che precipita dentro la val di Teve; oltre la valle, qui ancora molto stretta, la parete dello Iaccio dei Montoni è verticale, il calcare stratificato e poco compatto sale tra balze e ripidi canali profanato da vegetazione arbustiva che attecchisce dove può, sale fino alla corona sommitale dopo la quale si avverte già il pratone della cupola che si attenua fino alla vetta. Quota 1600 m, due ore dalla base dello spigolo, intercettiamo il sentiero che sale traversando da Forme, la carta delle edizioni il Lupo la riporta solo tratteggiato, sulle rocce intorno al sentiero tanto di bandierine e scritte gli attribuiscono un nome: il 3B. La linea di salita ora fila per un po’ a mezza costa, alcuni tornanti ripidi ci fanno prendere quota velocemente accanto al ciglio dove si interrompe il versante che precipita poi nella valle, raggiunge la linea di cresta che sale ora con meno pendenza, la vetta del Rozza si intuisce ma è ancora lontana, iniziano però gli affacci dirompenti sulla val di Teve che lasciano senza fiato, una enorme frattura, ampia e profonda, boscosa, contenuta tra i ripidi versanti dello Iaccio, di Cimata di Macchia Triste e del Rozza, del Costone e Vena Stellante che sembrano da qui chiuderla. E’ un’immagine potente di tridimensionalità, le montagne che precipitano a formare questo solco profondo, impressionante, dimensioni che contrastano, che si scontrano, perfettamente armoniche nel manifestare la forza della natura eppure così dissimili. Con questa ho visto la val di Teve da tutti i versanti, nessuna delle tante volte è mai stata così dirompente, sorprendente, emozionante. Dopo varie soste, ogni affaccio era diverso dal precedente ed uno stimolo in più per averne un altro, riprendiamo a salire verso la cima, ora sfiorando il ciglio della cresta ora discostandoci un po’. Si scopre il versante Nord del Rozza, visto così di profilo assume una valenza più rude e spettacolare con le varie piramidi della dorsale e i costoni che precipitano spogli dentro la valle fino al margine del bosco; dopo un po’ compare in cima al pendio di cresta la piccola piramide della cima, quasi sommersa dalle nuvole che sul Sevice e sul Velino la fanno invece da padrone. Raggiungiamo l’omino di vetta poco prima di mezzo giorno, quasi 4 le ore dallo spigolo di Bocca di Teve. Nessuno in giro, un vento leggero teso che continua ad ammucchiare le nuvole lontano da noi, gli orizzonti sono vasti ed è stato bello sostare in silenzio, era bello intorno, era bella e leggera la splendida solitudine in cui, mi veniva da dire per fortuna, mancava solo l’uomo. Un giro intorno alla cima per le foto di rito, ed era come una prima volta, questa via è la vera salita al Rozza! Riprendiamo il sentiero verso capanna Sevice che raggiungiamo in 20 min. traversando fino alla bocca del vallone di Sevice senza salire la cima sopra la capanna; continuiamo per i sentiero n°3 fino alla dorsale di Capo di Teve, nemmeno 10 min. dalla capanna, dove incrociamo e prendiamo quello che oggi è diventato i sentiero 2L che scende verso la val di Teve. Le nuvole che creano ombre sulla valle e gli alberi che stanno prendendo d’autunno formano chiazze dalle cromie poco marcate e soffuse, le rocce stratificate e il ghiaione di capo di Teve, aggiungono ora grigi e ora luce, la testa della val di Teve è una cartolina uscita dalla tavolozza di un impressionista. La linea di discesa traversa il versante a sinistra di capo di Teve, molti i traversi e i tornanti, alcuni ripidi e sdrucciolevoli, fino a scivolare a fianco del ghiaione che chiude la valle e che scende dall’importante circo di rocce che abbiamo sopra, i tornanti lungo la discesa affacciano direttamente su Cimata di Macchia Triste, il versante Ovest è una piramide, da uno di questi tornanti mi sembra di intravedere una traccia che la traversa, nemmeno tanto flebile si stacca da Malo Passo e viaggiando orizzontale attraversa il versante fino a sbucare su una sella ormai in direzione Murolungo, sulla carta non esiste ma è molto chiara, metto l’idea nel cassetto, magari vale la pena andarla a scovare e provare a percorrerla davvero; in meno di un’ora dall’imbocco ci raccordiamo con la traccia marcata che torna ad essere facile sentiero e che si infila nel bosco di fondo valle. Nel bosco per pochi minuti si continua a scendere fino a scorgere un paio di stazzi in lamiera, il secondo sul versante opposto della valle, siamo nei pressi del largo imbocco dove la val di Teve diventa vallone dei Briganti. Molto interessante la panoramica che sia ha da fondo valle un po’ tutto intorno, sulla linea di discesa appena terminata, sul ghiaione e sulle rocce stratificate di Capo di Teve, sulla dorsale che scorre a fianco il vallone dei Briganti, intuibile quasi fino al Bicchero, sul sentiero che sale al Malo Passo e sulla piramide di Cimata di Macchia Triste, peccato una cortina di nuvole si stia uniformando e venga lentamente togliendo luce e profondità agli orizzonti. Prendiamo a scendere a mezza costa la val di Teve su una traccia che scorre verso Sud, passa davanti al primo dei due stazzi che avevamo scorto, qualche faggio monumentale, macchie di ginepri, in alcuni momenti perdiamo la traccia per ritrovarla subito dopo fin tanto non entriamo decisamente dentro il bosco, al limitare dei costoni sinistri della valle, dove sotto uno di questi, roccioso e sporgente, scorgiamo un grosso vascone in cemento, una fonte che si alimenta da uno stillicidio superficiale che scivola e gocciola dagli strati superiori; sulla carta non c’è traccia di questa fonte, c’è sempre da imparare nel girovagare e non seguire i sentieri ufficiali. Di fronte al vascone un largo sentiero taglia la discesa e in pochi minuti raggiunge il sentiero n°2 di fondo valle. La ricordo lunga e anche un po’ noiosa la val di Teve quando la percorremmo in salita lo scorso anno, poche le viste sui costoni del Rozza e dello Iaccio, non è andata meglio questa volta; quasi costantemente dentro il bosco, poca la luce e pochi gli spunti per allargare gli orizzonti, i quasi 5 chilometri della valle li percorriamo in circa un’ora e mezza. Nei pochi slarghi della vegetazione localizziamo la vetta del Rozza e le varie punte che lo anticipano o lo seguono, riusciamo a scorgere dal basso per pochi istanti i versanti che avevamo ammirato dall’alto, in qualche maniera creiamo altre coordinate sul territorio, scorriamo sotto le falesie dello Iaccio, roccia liscia e compatta che si perde nei tanti terrazzamenti e nelle tante scanalature che scendono dall’alto, poca roba rispetto agli affacci della mattina. Sono le 15,30 del pomeriggio quando arriviamo alla sbarra di Bocca di Teve, ad onor del vero la viviamo come una liberazione, non ne potevamo più del bosco compatto e chiuso. In mezz’ora raggiungiamo Cartore per la stessa via dell’andata, voltandoci di tanto in tanto in dietro per ammirare il ripido e netto spigolo del Rozza che abbiamo salito la mattina. Rimane da ammettere una colpa e chiedere le relative scuse alle autorità; all’uscita dal val di Teve leggiamo del divieto scattato da soli 4 giorni, dal primo di Ottobre, e che di fatto chiude la percorribilità dell’intera Val di Teve e del sentiero 2L che scende al suo interno da Capo Teve, praticamente oggi sono stati quasi due terzi dell’escursione. Non lo abbiamo fatto con consapevolezza, e nello stesso tempo avendolo comunque fatto, non ne riusciamo a concepire l’esigenza. Escluso il rientro in valle e dentro il bosco l’escursione è da 10 e lode, 1225 sono stati i metri di dislivello superati e un po’ più di 17 i chilometri percorsi in circa 8 ore. Sono solo numeri, non amo i numeri, ma ammetto che fanno bene al nostro ego e ci incoraggiano per le prossime uscite.